La confessione

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  1. Deron_Stark
     
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    Mi hai chiesto perché scrivo racconti. Nessuno lo aveva mai fatto prima di te, anche se la stessa domanda me l'ero posta a più riprese da solo. Le motivazioni che mi sono dato sono le stesse che ho confidato a te: scrivo per sconfiggere la paura. E' una compagna che mi porto appresso dall'adolescenza e di cui non sono mai riuscito a liberarmi, tutto qui.
    Sulla tastiera del computer digito lettere dell'alfabeto per riempire il vuoto che mi circonda e sentirmi meno solo. Se rimango senza fare niente mi prende la malinconia, così ho imparato a dribblarla prodigandomi nello scrivere racconti sconci. C'è chi combatte le proprie inquietudini lavorando senza interruzione, dal mattino alla sera, perché occupare il tempo aiuta a non pensare.

    - Paura di che? - hai domandato.
    - Paura di vivere - ho risposto.

    Ero certo che non mi avresti capito, siamo troppo diversi tu ed io. Anche se affondi le tue paure bevendo boccali di birra e riempiendoti il cervello con sogni di fumo. Di diverso, fra noi, c'è che non vuoi ammettere le tue angosce, vero?
    Entrambi abbiamo una dannata paura di vivere, lo so bene. Esistere vuole dire amare e né tu né io sappiamo farlo. Siamo egoisti e innamorati di noi stessi. Affermi che i miei racconti sono poco giocosi e allegri, ma piuttosto malinconici: può darsi, ma sei convinta che i tuoi siano gai e spensierati?
    Ciò che troviamo bello nello scrivere storie sta nella potenzialità che abbiamo entrambi nell'immedesimarci nei personaggi dei racconti che produciamo, nella capacità di raccontare storie erotiche che ciascuno di noi vive in prima persona nel momento in cui le scrive, e di cui diveniamo mattatori attraverso le prestazioni erotiche dei nostri personaggi, sei d'accordo?.
    Attraverso la scrittura abbiamo l'occasione di essere protagonisti e provare le sensazioni che descriviamo nei racconti, perché nella vita reale, quella di tutti i giorni, non saremmo capaci di realizzare le stesse storie di sesso e d'amore che raccontiamo.
    Nel momento in cui produco un racconto mi è permesso di essere, di volta in volta, appassionato amante, gay, lesbica, puttana, pederasta, single o sposato. Non credi che sia meraviglioso? Sono certo che la stessa cosa accade anche a te, vero? Penso di sì, non oso pensare che i tuoi racconti siano autobiografici come appaiono ai miei occhi nel momento in cui li leggo.
    Dici che scrivere ti è utile per auto analizzarti, che provi piacere nel comunicare a tutti noi che frequentiamo questo newsgroup di racconti erotici il tuo stare male, anche se la sera in cui ci siamo incontrati, mi hai stupita. Non pensavo fossi così maledettamente puttana come invece hai mostrato d'essere.
    Fosti tu a prendere l'iniziativa, ricordi? Fino a quella sera c'eravamo sentiti soltanto attraverso la posta elettronica, avevamo la consuetudine di commentare privatamente i nostri racconti, poi hai insistito per incontrarmi. Perché lo hai fatto? Perché?

    Le lunghe ore di viaggio in autostrada avevano affaticato il mio fisico. Ero partito da Parma alle due del pomeriggio, dopo avere terminato il lavoro in clinica. Nella tua città ero giunto verso le otto di sera. Il navigatore satellitare in dotazione alla mia Bmw, mi era stato utilissimo nel guidarmi al luogo convenuto dell'incontro. Senza questo infernale aggeggio non sarei giunto in tempo all'appuntamento. Per un provinciale come me si è rivelata una bella impresa addentrarsi nelle strade trafficate della tua città.
    Avevo raggiunto il luogo dell'appuntamento con qualche minuto di anticipo rispetto l'ora concordata. Sono rimasto ad aspettarti mezz'ora, seduto in auto, prima che arrivassi. Per mia fortuna hai provveduto ad avvertirmi col cellulare del tuo ritardo, altrimenti me ne sarei andato via, senza aspettarti.

    Di te, prima di quella sera, non conoscevo neppure il volto. Sapevo solo l'età e le poche cose che c'eravamo confidati in e-mail, mentre ignoravo tutto il resto. Non t'immaginavo così carina. Ero curioso di conoscerti perché affascinato dalla dolcezza dei tuoi scritti. I racconti che avevo letto erano storie di gente comune che tu hai saputo raccontare mettendo in ordine le parole, tramutandole in dolci sensazioni: questo ti aveva reso magica ai miei occhi. La volta che te lo confidai in e-mail scrivesti:

    - Perché non vieni a trovarmi, Farfà?

    Non risposi subito al tuo messaggio lasciai trascorrere qualche settimana. Durante questo lasso di tempo andai a rileggere più volte i tuoi racconti. Era mia intenzione farmi un'idea più precisa di te: scoprendo attraverso tue parole una donna meravigliosa. Nella vita reale sei diversa dalla ragazza romantica protagonista di molti tuoi racconti. Spero di non offenderti se dico che sei strafiga e ti piace da matti succhiare cazzi. E lo fai bene, dannazione! Ecco quello che realmente sei. Una ciucciacazzi! Ti senti offesa? Spero tanto di no.

    Seduto sul sedile della mia Bmw sono rimasto a lungo ad ascoltare della musica in attesa del tuo arrivo. Avevo parcheggiato la vettura nel viale dinanzi al ristorante in cui mi avevi dato appuntamento. Non ti sentii arrivare. Col dorso della mano bussasti sul vetro della portiera. Rimasi stupito nel vederti. Illuminata dalla flebile luce di un lampione avevi fatto la tua comparsa bucando il buio della notte, come solo una Dea è in grado di fare. Scesi dall'auto e, prima di dire una sola parola, pronunciasti il mio nome:

    - Lorenzo?

    Risposi pronunciando il tuo. Ci siamo scambiati alcuni convenevoli baci sulle guance, poi mi hai preso sottobraccio e mi hai condotto nel ristorante come si fa tra due vecchi amici.

    - Come hai scoperto che c'ero io nella macchina? - chiesi dopo avere preso posto a tavola.
    - Dalla targa, cretinetto... Su una delle due strisce azzurre c'è la sigla PR .

    Avevo fatto la figura dell'imbranato, ricordi? Ma emozionato lo ero per davvero. Di fronte a me, seduta all'altro lato della tavola, avevo la donna dei miei sogni, non immaginavo d'incontrare una tipa così bella e seducente come te.

    - Mamma mia! Che erre. strascicata che hai - commentasti dopo avere ascoltato le prime parole che uscirono dalla mia bocca.
    - Mi piace come parli. Fa tanto francese, ma i parmigiani hanno tutti questo tipo d'accento?

    Risposi di no, anche il modo in cui noi parmigiani moduliamo le parole si caratterizza per una erre strascicata..Il cameriere ci servì un primo piatto di spaghetti bucati conditi con un ragù di carne di manzo e maiale, salsa di pomodoro, e spezie. A te avevo lasciato il compito di fare le ordinazioni e della scelta dei vini da accompagnare alla cena. Abituato a consumare un tipo di vino leggero e frizzante come il lambrusco, mi sono trovato a disagio nel sorseggiare un chianti rosato.
    Dopo avere bevuto pochi bicchieri ero già brillo, ricordi? Rimasi stupito, ma non troppo, quando l'estremità del tuo piede s'insinuò fra le mie cosce sfregandomi l'inguine. Stavo assaggiando la carne di agnello al forno e per poco un boccone non mi andò di traverso nell'esofago.
    Alzando il capo incrociai i tuoi occhi e restammo a fissarci mentre proseguivi, ostinata, a strisciare le dita del piede sul tessuto gonfio delle mie brache.
    Ero venuto lì anche per quello, ma non era la cosa più importante, perlomeno per me. Mi ero sobbarcato un viaggio di qualche centinaio di chilometri per vederti e conoscerti, in verità t'immaginavo diversa, meno puttana di quello che hai dimostrato d'essere.
    Era mezzanotte quando lasciai in tua compagnia il ristorante, lo ricordo bene perché guardai l'orologio al polso mentre superavo la porta del locale.

    - Ho un piccolo bilocale a pochi passi da qui. Ti va di andarci? - dicesti quando arrivammo in prossimità della mia auto.

    Che domanda del cazzo. Certo che mi andava, ero venuto fino lì per conoscerti e quel tuo invito lasciava presagire che la nostra conoscenza si sarebbe ampliata, specie dopo il massaggio all'uccello che avevi eseguito con la punta del piede.
    Ho sempre pensato che in tutte le persone è presente una componente sadica e masochistica. Penso che una piccola dose di sofferenza sia utile al piacere e possa servire ad aumentare il godimento, ma esiste un tipo di sofferenza che non è propriamente fisica, è quella di chi fa uso della parola o di un semplice gesto per imbarazzare ed umiliare l'altro. Tu in questo sei maestra, vero?

    Varcata la soglia della porta mi ritrovai in una soffitta arredata con uno stile molto particolare. Più che un appartamento somigliava a una palestra, probabilmente è una tua seconda casa, quella in cui sei solita ricevere gli amanti.

    - Accomodati nella stanza da letto, torno subito - dicesti indicandomi la porta della stanza.

    Ti sei premurata d'accendere la luce in modo da illuminare la stanza, poi sei sparita alla mia vista facendo ritorno dopo pochi minuti. Quando sei apparsa sulla soglia, non avevi indosso l'abito di qualche istante prima. Un bustino in stile vittoriano, di pelle nera, ti avvolgeva fino a raggiungere il sottile perizoma che proteggeva il triangolo di peli dell'inguine. Un paio di guanti neri, lunghi fino ai gomiti, ti coprivano le mani e gli avambracci. Ai piedi calzavi stivaletti di cuoio neri dalle lunghe punte, guarniti con frange e borchie lucenti che ti facevano tanto cavallerizza. Mi hai fatto stendere sul letto ed ai provveduto a spogliarmi. Le tue mani mi hanno liberato degli indumenti, lasciandomi completamente nudo. Ti ho lasciato fare, eccitato dai tuoi modi che ai miei occhi sembravano ridicoli, ma che assurdi non lo erano per niente.

    - Fidati di me - hai detto mentre provvedevi a divaricarmi braccia e gambe.

    Hai provveduto a stringermi polsi e caviglie con dei legami che hai fissato all'armatura in ferro del letto. Dopo avere allestito il campo su cui avremmo dovuto battagliare ti sei seduta al bordo del letto. Hai tolto i guanti ed hai iniziato ad accarezzarmi con le dita i fianchi e l'interno delle cosce, poi hai preso a baciarmi teneramente sulla bocca.
    Se fino a quel momento non ero riuscito a capacitarmi delle tue reali intenzioni e avevo giudicato tutto ciò divertente, seppure abbastanza ridicolo, col trascorrere del tempo incominciai a provare uno strano piacere.

    Il mio corpo era percorso da fremiti a causa delle tue carezze, ne eri compiaciuta più di quanto ne godessi io. Apristi la bocca e con la punta della lingua iniziasti a percorrere ogni tratto del mio corpo solleticandone ogni anfratto. Sentivo i muscoli irrigidirsi come una corda tesa e godevo delle tue carezze. In quei frangenti ho provato compiacimento per lo stato di prigioniero in cui mie ero venuto a trovare. Il cazzo mi pulsava a dismisura, pareva quasi non te ne importasse, infatti ne stavi lontana occupandoti delle altre parti del mio corpo.

    Iniziasti a strusciare il mio petto con la punta dei capezzoli che sporgevano dal bustino di pelle che avevi indosso. Avrei desiderato succhiarli, tu invece trovasti piacevole accrescere il desiderio che mi stava divorando. Ti supplicai più volte di liberarmi, avrei voluto scoparti, ma tu, senza proferire alcuna parola, hai perseverato nella tua opera.
    In quegli attimi ho avuto modo di comprendere che l'immobilizzazione non serve a vincere la riluttanza di chi è legato e si sente prigioniero, ma è una risorsa per aumentare la tensione erotica ed incrementare l'intensità dell'orgasmo.

    Legato polsi e caviglie, in tua completa balia, mi sono sentito un prigioniero sessuale. Per te doveva essere stato appagante avermi incatenato al letto delle torture. Chissà quanti uomini hai tenuto sdraiati sopra quel materasso prima e dopo di me, vero?
    Ad essere sincero il momento più difficile della serata si è rivelato quello iniziale, quando mi sono trovato legato al letto, poi è stato un crescendo di sensazioni che sono andate salendo fino a raggiungere il massimo della sopportazione, dopodiché sono terminate facendo spazio ad uno stato di ebbrezza da non ritorno.

    Hai cominciato a praticarmi un tipo di masturbazione lenta, servendoti di una piuma. Hai proseguito nella tua opera accarezzandomi per parecchio tempo, poi hai continuato a farlo con un lavoro di mano abilissimo e lento. Le sensazioni che ne sono derivate erano violentissime, quasi insopportabili. Ho desiderato che ponessi fine al più presto a quella specie di tortura, ma hai proseguito nella tua attività, imperturbabile, eccitandoti più di quanto lo ero io.
    Il dolore che ho provato in quei momenti è andato trasformandosi in piacere, terrore e odio verso di te, ho subito una metamorfosi ed ora subisco una infatuazione masochista.

    Ognuno di noi ha un sogno segreto nel cassetto, io avevo quello sbagliato. Ho reso pubblica la nostra storia perché sei stata tu ad ordinarmelo, quello che in cambio ti chiedo è di farmi provare ancora un volta le sensazioni di quella sera.



    Il tuo schiavo
    farfallina
     
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0 replies since 19/3/2006, 20:11   824 views
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